Il tempo profondo della Natura e "Andare in montagna è tornare a casa" di John Muir
Montagne di libri #1 - imparare il legame con la natura selvaggia osservandola attraverso gli occhi di Muir.
Un raggio di sole colpisce la libreria e attira il mio sguardo, l’inferriata proietta sugli scaffali rettangoli di luce alternati a zone d’ombra. Mi accorgo che sono tutti libri che parlano di avventura e natura, devo averli raggruppati senza accorgermene, come fosse un club per quelli che trasformano in parole la bellezza delle montagne e dei grandi spazi.
Mi piace l’idea di condividere dei pezzi della mia libreria, per questo oggi do il via ad un appuntamento ricorrente all’interno di Woodnotes: Montagne di libri, uno spazio dove proporvi impressioni e riflessioni sui libri e gli autori dai quale traggo ispirazione e che mi hanno lasciato qualcosa. Non c’è miglior modo di iniziare che affidarsi al nature writer per eccellenza: John Muir. Il libro che ho scelto è “Andare in montagna è tornare a casa” (Piano B Edizioni), che incarna perfettamente lo spirito di questo progetto.
In questa raccolta di suoi saggi Muir si erge come una voce profetica della conservazione ambientale, un esploratore dell'infinito e un poeta del paesaggio naturale. Con un linguaggio che varia dalla descrizione scientifica accurata all'eloquenza poetica, ci porta lungo i sentieri meno battuti delle montagne della Sierra Nevada, ci fa attraversare i silenziosi boschi di sequoie e ci guida attraverso la sublime solitudine dei ghiacciai dell'Alaska.
Questo volume non è solo un testimone della bellezza e della maestosità del selvaggio, ma anche un appassionato appello all'azione per la salvaguardia di questi paesaggi unici. Muir invita ciascuno di noi a percepire il profondo legame spirituale che possiamo e dobbiamo instaurare con la terra. Attraverso il suo viaggio personale e le sue riflessioni, John Muir ci ricorda che "andare in montagna" non è semplicemente una fuga dalla civiltà, ma un ritorno a una casa più grande e fondamentale, un ritorno alla nostra essenza primordiale dove “si possono ancora sentire gli albori della creazione”.
Mentre sfoglio il libro per rileggermi le annotazioni che mi ero appuntato mi ritorna in mente un concetto che trova spazio in un altro volume che ha per protagonista Muir: “John Muir, Deep Time, and the Hope of Ecoflourishing” di Michael Kunz.
Secondo la visione del “deep time” le montagne, i fiumi, e le vaste foreste antiche che abbiamo di fronte oggi sono l'eco di ere passate, testimoni di cicli geologici che precedono e superano la nostra esistenza. Questo concetto aiuta a comprendere eventi che si svolgono su scale temporali molto più ampie di quelle della vita umana, enfatizzando la lentezza e la continuità delle trasformazioni geologiche e biologiche del nostro pianeta.
Ecco che la nostra prospettiva cambia: non siamo che ospiti momentanei, rispetto al tempo profondo potremmo dire “istantanei” e ciò solleva interrogativi profondi sulle tracce che lasciamo. Nel contemplare paesaggi che hanno visto passare milioni di anni, in un momento di forte crisi ambientale – di cui già Muir era pienamente consapevole – ci confrontiamo con la nostra responsabilità di agire con cura, preservando queste meraviglie naturali per chi verrà dopo di noi.
Il “deep time” della Natura estende il nostro senso del tempo ben oltre la nostra esperienza individuale o collettiva. Questa vasta scala temporale ci mette di fronte alla transitorietà della vita umana rispetto alla storia geologica del pianeta. Ci sfida a riflettere sul nostro impatto ambientale, la nostra eredità e la responsabilità che abbiamo verso le generazioni future, promuovendo un senso di umiltà e una visione a lungo termine nelle nostre azioni a cui non siamo assolutamente abituati.
Mi chiedo se tutto questo non possa offrirci una prospettiva diversa anche sugli avvenimenti della vita individuale. In un campo visivo che si estende dalla nascita alla morte forse esiste un deep time della vita, un approccio che da una parte ci può aiutare a “compartimentare” le nostre esperienze, sopratutto se brutte, poiché piccoli pezzi di un puzzle ben più grande e complesso, e dall’altra ad avere sempre una visione di insieme che ci aiuti a prevedere cosa stiamo lasciando al nostro “io del futuro”.
Amo <3